Molti ricorderanno Royal Hunting, la scultura monumentale in bronzo, esposta in Piazza Duomo nel 2013, che rappresentava la lunga cavalcata della vita. Sono trascorsi dieci anni, ma l’artista russo Dashi Namdakov è ancora profondamente radicato a Pietrasanta dove continua a lavorare nei laboratori cittadini. La sua storia personale merita di essere raccontata: sesto di otto figli, nato in una famiglia di un antico clan dei fabbri Darkhan, maestri artigiani e gioiellieri, Namdakov ha nel sangue la tradizione dell’artigianato artistico. Testimone di quel passaggio generazionale che tanto manca al nostro territorio.
Quanto tale aspetto come ha influito sulla sua crescita artistica?
“Per rispondere a questa domanda, dobbiamo partire dal mio Paese di origine e dalla mia infanzia che ho trascorso nelle remote foreste boreali della Transbaikalia, dove le persone vivevano grazie all’artigianato. Si eseguivano rituali di ringraziamento, divinizzando alberi, animali e il sole-luna. Il mito e gli oggetti del culto buddista erano gli standard di spiritualità e bellezza che poi ho ripreso nel mio lavoro personale. Tutti i miei fratelli e sorelle erano in grado di lavorare a mano il legno, la pelle, i metalli, le crine di cavallo e realizzare gioielli d’arte, bambole d’autore della famiglia e arazzi”.
Come l’arte europea ha trovato una sintesi con l’arte orientale nei suoi lavori?
“All’Istituto statale d’arte (Krasnoyarsk) si studiava il patrimonio artistico mondiale e la scultura si apprendeva secondo lo standard accademico, come il disegno. Si realizzavano i calchi in gesso di immagini antiche e la modellazione del materiale, aspetti forse noiosi, ma necessari per la formazione.
Tuttavia, la mia coscienza ribelle è stata sempre alla ricerca di un approccio originale perciò mi sono ispirato alle immagini della natura nativa, ai racconti popolari e ai personaggi delle immagini del tempio buddista”.
Nelle sue opere emerge il tema del legame poetico fra il mondo dello spirito e della terra. La creatività e la poesia sono legate in un nesso inscindibile.
Da cosa trae ispirazione e quali sono i modelli di riferimento per la sua scultura?
“Dai racconti popolari e dalle parabole buddiste, norme morali ed etiche dell’essere. Il contenuto principale delle mie opere è sempre connesso ai sentimenti dell’essere umano, nonostante le diverse forme di espressione dell’idea”.
La sua arte offre anche un ponte tra le remote origini euroasiatiche ed il nostro futuro. Il mito, il sogno, figure di antenati, sciamani si ritrovano come soggetti delle sue opere.
Qual è il messaggio che intende lanciare al pubblico?
“Un ponte verso il futuro. La possibilità di auto-realizzazione di ciascun essere umano. Ogni vita è un dono e nella cultura della mia gente si supporta ogni membro del clan o della famiglia in difficoltà. Per questo motivo celebriamo ogni capodanno secondo il calendario lunare dei nomadi della steppa ed eseguiamo rituali”.
Collabora da tempo con le fonderie e i laboratori della nostra città e ha dichiarato “mi fido degli artigiani come di me stesso”, da cosa deriva questa dichiarazione di totale fiducia?
“La mia maturità creativa è stata resa possibile grazie alla collaborazione con le fonderie di bronzo di Pietrasanta, dove gli elevati standard degli artigiani mi hanno dato non solo l’opportunità di eseguire sculture qualitativamente notevoli, ma anche di sperimentare materiali, colori e consistenza delle superfici. Sento gli artigiani di Pietrasanta molto affini ai miei connazionali e alla mia formazione all’Accademia Russa legata alle tradizioni degli eredi diretti della cultura antica”.
Innovazione e tradizione si uniscono per riflettere sul mistero della visione orientale del mondo. Quali sono le reminiscenze della cultura orientale?
“Gli antenati nomadi dell’Eurasia, nelle loro campagne nelle terre vicine e lontane, collegavano territori, spianando strade per ulteriori scambi commerciali e culturali. Gli archetipi dell’Oriente sono penetrati in Occidente e viceversa. Pertanto, il processo di sintesi è oggettivo e lo sarà sempre. Nell’arte si è ora risvegliato un nuovo interesse per le origini. Lo si può notare per esempio in alcune mostre che espongono oggetti di archeologia o etnografia accanto alla scultura, suscitando interesse e ammirazione per la cultura del passato e le tradizioni vive di oggi. Recentemente, l’Università di Hong Kong e il Museo storico statale di Mosca hanno creato progetti espositivi di successo basati su questo concetto”.
Veniamo al marmo: un materiale duro, aspro ma anche affascinante. Cosa la incuriosisce della pietra naturale?
“Il marmo è il sogno di ogni maestro: negli anni ho sperimentato composizioni plastiche in pietre ornamentali colorate quali diaspro e lapislazzuli, ossidiana, giada e onice. L’Italia ha avuto un enorme impatto sulla mia creatività, ad esempio combino spesso il colore e la consistenza naturale della pietra con alcuni tipi di metallo, a volte anche dorando singoli frammenti della composizione, un elemento tipico dell’arte antica. In marmo bianco di Carrara ho ripetuto la scultura “Amazzone”, che prima era stata fusa in bronzo. La scultura si presenta sotto forma della testa di una ragazza guerriera in un elmo con le trecce che sporgono da sotto, un’immagine romantica di una giovane dea. La pietra influisce sulla percezione: nel marmo c’è un’anima della fauna selvatica”.
Lei è testimone del tramandare la tradizione del lavoro manuale alle generazioni successive come ha fatto suo padre con lei. Oggi questo processo si sta esaurendo.
“Come dicono i critici d’arte, uno scultore pensa con le sue mani. Realizzo le mie opere a partire da uno schizzo, modellando una forma e quando capisco cosa voglio fare, con il team del mio studio traduciamo l’immagine artistica in materiale. Nel mio paese di origine, il lavoro manuale è tenuto in grande considerazione e il desiderio creativo sarà tramandato per sempre: maestri e artisti professionisti realizzano “mosaici fiorentini” per pannelli monumentali, tessono arazzi in crine di cavallo che diventano sipari teatrali, argenti coniati – manici di coltelli o coppe d’incenso, dura.
NON SOLO SCULTURA
Oltre alla scultura si cimenta nella grafica, nel cinema e nel disegno di gioielli e porcellane. Le sue radici culturali ed artistiche affondano nell’era dei nomadi dell’antichità dell’Asia centrale, al tempo di Gengis Khan. Lavora assiduamente con le fonderie d’arte di Pietrasanta, dove ha anche uno suo studio.
Dashi Namdakov nasce nel 1967 a Ukurik in Transbajkalia, Russia, vicino al confine con la Cina. E’ laureato al Krasnoyarsk State Art Institute, Siberia. Sue opere sono esposte all’Ermitage di S. Pietroburgo, al Beijing “Millennium” Museum of World Art, Cina, all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Nel 2013 ha vinto il Premio Internazionale di Scultura “Pietrasanta e la Versilia nel mondo”.