“Si è trattato di una pura casualità in quanto ‘Scultura e decorazione plastica’ era l’unico indirizzo non a numero chiuso. Dopo l’Accademia di Belle Arti di Carrara, negli anni Ottanta lavorai in laboratori importanti della città sia come artigiano che come scalpellino sull’architettura religiosa sia come sbozzatore e formatore in gesso, in particolare nelle fonderie. Inoltre, ebbi modo di frequentare il laboratorio Angeli di Querceta all’inizio dei miei approcci alla scultura. Un ambiente stimolante poiché allo studio si trovavano i maestri e gli artisti più importanti degli anni Ottanta: Isamu Noguchi, scultore statunitense astratto di fama internazionale, poi Pietro Cascella, Giorgio Adami, Viliano Tarabella e Rinaldo Bigi che è stato mio insegnante all’Accademia. Avevo la possibilità di frequentare il laboratorio liberamente, oggi sarebbe impensabile”.
Quando è iniziata la sua esperienza al Liceo Stagio Stagi?
“Sono arrivato all’ex Istituto d’Arte di Pietrasanta da giovane precario, lì mi sono formato e ancora oggi ritengo che rappresenti la memoria storica della città nonostante i contatti con il territorio si siano sempre più ridotti negli anni tanto da avere la sensazione che lì non si formino più gli artigiani e gli scultori del nostro tempo. Questo in parte è vero perchè con la Riforma Gelmini gli istituti d’arte sono diventati Licei, quindi le attività di laboratorio sono diminuite, a fronte di una preparazione più ampia. Tuttavia, credo che la scuola sia da rivalutare: ci ho passato grand parte della mia vita e ho avuto un arricchimento costante sia dalla città sia dai ragazzi”.
Da osservatore privilegiato, i giovani considerano ancora la scultura come un’opportunità lavorativa e quale percorso devono intraprendere dopo il Liceo?
“Purtroppo non è più così, sono pochissimi i ragazzi che si avvicinano alla scultura dopo gli studi, colpa anche di mancati investimenti sul territorio. Dopo il Liceo il percorso più naturale è quello dell’Accademia delle Belle Arti, che dà una preparazione vasta, oltre agli indirizzi classici sculturdi a, pittura e scenografia c’è anche il multimediale e il restauro. Tuttavia, molti studenti si iscrivono all’università come Beni culturali, Storia dell’arte, Lettere Moderne a indirizzo storico artistico o Psicologia”.
Pensa che si possa recuperare questa distanza creatasi con le nuove generazioni?
“Ritengo fondamentale l’apporto dei laboratori d’arte ancora attivi: bisogna formare i ragazzi che hanno attitudine. All’interno delle fonderie artistiche, dove le metologie sono più rapide nell’acquisizione, alcuni giovani hanno avuto la possibilità di inserirsi. Nel marmo, invece, dove è necessario un approccio più lungo non si è investito e oggi se ne paga lo scotto”.
A proposito, qual è la sua visione su robot e macchine a controllo numerico?
“Sono estremamente importanti nella scultura perchè si sono abbattuti i costi elevatissimi per la produzione delle opere. Quello che non apprezzo è l’impostazione degli ultimi anni che prevede di realizzare la scultura interamente in 3D al computer senza neanche il bozzetto. Lo ritengo un grande limite, perchè la scultura ha bisogno di vivere nello spazio e della tridimensionalità. Di fatto viene meno la manualità poichè l’artigiano riporta le sensazioni provate nell’atto pratico dello scolpire sull’opera. È un approccio che va molto in America, ma non è nella nostra tradizione che è prettamente figurativa, artigianale dunque non fa parte della storia della scultura italiana”.
Ci ha confidato di aver abbandonato il marmo per la ceramica, perchè?
“E’ stata una scelta di opportunità, ho lavorato moltissimo il marmo che è un materiale affascinante ma richiede un’organizzazione molto più articolata. La mia esperienza di scultura in ceramica nasce dopo un incarico per quattro anni a Firenze dove ho imparato moltissimo nei laboratori. L’approccio alla terra e alla manualità è stato importante perchè la mia scultura è fatta di tracce, incisioni e sovrapposizione di segni. La terra permette di lasciare l’impronta con quel segno che racconta e la mia è una scultura intima che risente della concezione della scultura degli anni ’30/50″.
Tra la sue opere in marmo ricordiamo quella in Rosso Rubino che ha vinto il Primo Premio al Concorso promosso dalla Fondazione Scibetta di Massarosa, com’è nato il progetto?
“L’opera rappresenta l’estate ed è caratterizzata dalla presenza conica che ricorre nella mia produzione: su un lato del cono si trova il terreno antropizzato dall’uomo, con numerosi solchi realizzati con le macchine a controllo numerico come fosse un campo aratro, ho usato la foglia d’oro per dare l’idea della spiga e del colore giallo che irrompe nella stagione. Dall’altro lato ci sono le costellazioni del Piccolo e Grande Carro, la costellazione del cigno che si pensa fosse legata ai miti dei liguri apuani. Sopra una grande lastra in bronzo, lucida nella parte superiore a rappresentare la lucentezza dell’estate e nera in quella inferiore come l’oppressione della calura estiva”.
Nella mostra “I doni del tempo” del 2015 trovano vita oggetti rinvenuti durante le sue passeggiate sulle Apuane. In cava quali sono stati gli oggetti più frequenti?
“Ho praticato trekking in tutta Italia, passeggiando molto anche nelle cave abbandonate ho ritrovato gli oggetti in ferro più disparati: fili elicoidali, chiodi, sezioni di rotaie di lizzatura soprattutto nella valle di Cardoso dove c’è una stratificazione di manufatti e utensili. Nel tempo ho lasciato questi oggetti a sedimentare nel mio studio finchè non ho deciso di ridare loro vita in sculture evocative, Perchè il titolo ‘I doni del tempo?’ E’ stato il tempo che mi ha donato questi oggetti che ho decontestualizzato. Si tratta di un’installazione di ciotole e bassorilievi grazie ai quali ho raccontato la mia storia. In seguito ho realizzato altre opere in ceramica anche con manufatti ricercati nei mercatini di antiquariato. L’oggetto non è l’attore principale ma fa parte della composizione; inoltre. Racconta anche una storia ed è veicolo di conoscenza”.
Quella dell’installazione è la forma di scultura contemporanea che va per la maggiore?
“Ormai la scultura è diventata un oggetto di complemento di arredo, deve essere bella a prescindere e piacevole da punto di vista estetico. Ma è importante che la scultura si confronti con le ultime avanguardie, come l’arte povera e il concettuale in una visione legata alla tridimensione. Nella scultura l’installazione è il linguaggio più attuale ed è la sovrapposizione di tanti elementi che danno una lettura d’insieme. Credo che l’oggetto su singola base sia superato, deve far parte di un contesto e una ricerca più ampia”.
BIOGRAFIA
Claudio Tomei, artista e docente di scultura al Liceo Artistico Stagio Stagi di Pietrasanta. Sotto alcune delle sue sculture in ceramica e marmo.
Da sinistra “Grande parete” rappresenta la parete di cava dell’Altissimo, con le sue stratificazioni e i segni riconoscibili dell’attività di estrazione e alcuni oggetti in ferro rinvenuti proprio nei bacini delle Alpi Apuane, tra cui nella parte superiore una sezione di rotaia di lizzatura. A fianco, l’opera in ceramica in cui l’artista ha inserito il filo elicoidale, antesignano del filo diamantato, che nella forma rielaborata dall’artista appare quasi come un bozzolo.
Infine, in basso a destra, l’opera in marmo Rosso Rubino dal titolo “La forma delle stagioni – Estate” esposta presso il podere LOVOLIO, Fondazione Pomara- Scibetta località Bozzano, a Massarosa – Lucca con cui Tomei ha vinto il Concorso promosso dalla Fondazione nel 2017.