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Gli artigiani legati a Pietrasanta:
Davide Cancogni

Gli artigiani legati a Pietrasanta
“Lo stile marino di Davide”

Davide Cancogni è nato a Pietrasanta il 3 Agosto 1974. Si diploma all’Istituto d’Arte Stagio Stagi di Pietrasanta nel 1994 e dal 1996 lavora allo studio Sem, uno dei laboratori artistici più antichi e prestigiosi della Versilia. Da circa 15 di anni esegue opere per conto proprio ed ha esposto per oltre 10 anni alla galleria d’arte Portofino. Dal 2019 le sue opere sono in esposizione alla galleria Lefakis di San Paul de Vence, cittadina situata nel Dipartimento delle Alpi Marittime nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Francia. Da 2 anni espone al bagno Piero di Forte dei Marmi. E’ appassionato di bicicletta da corsa.

Si dice che chi nasce vicino al mare, non potrà mai allontanarsene e se costretto, prima o poi ci torna. Una legge che pare valere in particolare per chi in Versilia è cresciuto, come Davide Cancogni.

“Vero. Il mare mi appartiene, qui sono nato e la mia è una famiglia di pescatori, attiva nel commercio del pesce. Da bambino ero sempre intrufolato fra le reti di parenti e amici , alla ricerca di conchiglie, cavallucci e stelle marine da collezionare. La spiaggia è nel mio DNA, di uomo e di artista poi”.
E da questo passato fatto di sabbia, di salmastro e di infinite partite di pallone sulla riva, ha origine il tratto ricorrente delle sue sculture, proprio il mare; quando lo incontriamo nel suo suo studio presso il laboratorio SEM ci sono appunto 4 opere “marine” che saranno esposte al Bagno Piero di Forte dei Marmi nel corso dell’estate.
Ma torniamo all’inizio. Quando nasce la tua passione per il marmo?
“Fin dall’infanzia sono sempre stato attratto dall’arte e la scultura in particolare era l’ambito che mi attirava di più. Pur sembrandomi una sfida impossibile da affrontare avevo le idee chiare e mi ci sono buttato, con tutto me stesso. Dopo l’Istituto d’Arte di Pietrasanta che mi ha dato basi teoriche importanti per la successiva professione, ho iniziato a scolpire nel 1996. Un grazie immenso lo devo a Vinicio Rovai, Preside dello Stagi , che mi ha indirizzato a questo mestiere. Ricordo che un giorno entrai nel suo ufficio e gli accennai della mia aspirazione a diventare artigiano del marmo. Si alzò, prese la giacca, disse “andiamo” e mi accompagnò per laboratori e studi d’arte, a conoscere vecchi maestri e artisti di tutto il mondo. Così, dopo il diploma, entrai come apprendista nello studio SEM, per il quale lavoro tutt’ora; sono qui da ben 20 anni”.

Scuola d’arte e professionista in laboratorio: il percorso canonico.

“Esattamente. La scuola mi ha dato un substrato importante di conoscenze teoriche che ho poi tradotto in conoscenza pratica grazie all’affiancamento quotidiano, in laboratorio, dei maestri artigiani e degli artisti che quasi sempre, allora come oggi, lavorano gomito a gomito con i primi. Da questa frequentazione ho sempre cercato di arricchire la mia esperienza, sempre di più”.

Poi ti svegli una mattina …

“E dopo 10 anni di lavoro come artigiano decido di fare qualcosa per conto mio, affiancando la produzione di commesse come dipendente ad una produzione personale come artista. La possibilità di esprimermi in questa doppia veste, mi dà enorme soddisfazione oltre alla possibilità di arricchire l’esperienza come scultore presso lo studio SEM”.
L’artigiano del settore sembra vivere in un mondo che non cambia mai.
“Invece ci sono stati cambiamenti importanti, due in particolare. Oggi non c’è più il committente o l’artista ci manda il bozzetto in gesso; bensì, arriva il file per mail dal quale riproduciamo il modello in resina grazie ad una stampante 3d e da cui si realizza la scultura di marmo vera e propria. In questo passaggio sono andate perdute alcune lavorazioni manuali ma per fortuna software e robot arrivano fino a un certo punto, oltre il quale servono ancora le nostre mani. Io, che ho una preparazione artigianale alle spalle, preferisco lavorare interamente a mano, con scalpello, subbia e compasso. Ciò non significa che non abbia dovuto adeguare le mie conoscenze informatiche, perchè queste sono competenze che permettono di ridurre i tempi di consegna e di abbassare i costi che per quanto riguarda le macchine, sono alte. Secondo, una volta il lavoro partiva dal blocco; ora, l’inizio è su un semilavorato tagliato dal filo, possiamo dire un pezzo già sbozzato”.

Il cliente oggi.

“Meno contatto diretto. Anni fa il cliente arrivava in studio, stava ore con te, seguiva punto per punto il lavoro; un modus operandi che indubbiamente ci facilitava le cose, perchè capivi esattamente cosa voleva il cliente, si apportavano all’istante eventuali modifiche e correzioni. Ora i committenti più giovani si vedono solo all’inizio o alla fine del lavoro. Si lavora sulle foto, quindi probabilmente possiamo affermare che la tecnologia ha influenzato il modo di lavorare. E qualche complicazione c’è, perchè al cliente arriva il lavoro finito, e intervenire a questo punto è difficile, magari a migliaia di km di distanza è difficile”.

Hai parlato della frequentazione con gli artisti: a quali sei più legato?

“Senza fare torto a nessuno direi Knut Steen e Helaine Blumenfeld. Mi hanno trasmesso la passione la grande attenzione nel lavoro, la cura maniacale dei particolari e, soprattutto, pensare di non aver mai raggiunto il limite. Ricordo Knut, sempre alla ricerca di un possibile miglioramento, il fatto di alzare sempre più l’asticella e sperimentare sempre nuovi materiali portandoli al limite delle loro performance fisiche e meccaniche”.

Ricambio generazionale, nota dolente.

“Difficile dare una risposta; stiamo parlando di un mestiere a cui ti avvicini per passione, amore dell’arte, attitudine al lavoro manuale, capacità ed il coraggio di mettersi sempre in gioco. Forse è proprio la sommatoria di questi presupposti da cui deriva il problema del ricambio generazionale.
Mi preoccupa il fatto che dopo di me non vedo nessuno e che qualcuno continui a chiamarmi “giovane…”

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