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La Versilia, terra ricca di artisti:
Anne Shingleton

Anne Shingleton nasce nel 1953 nel Dorset, sud dell’Inghilterra, dove trascorre l’infanzia. Si laurea in zoologia, ma frequenta due anni di illustrazione e grafica al Bournemouth e al Poole College of Art. Nel 1980, a Firenze, inizia gli studi nell’atelier di pittura di Nerina Simi, figlia del pittore Filadelfo. La sua pittura è focalizzata sul mondo della natura ma è anche scultrice: ha prodotto animali di dimensioni monumentali in collaborazione con le fonderie della Versilia. Anne continua a dipingere en plein air ed è spesso stata invitata a lavorare su progetti di conservazione all’estero con Ars et Natura e Artists for Nature Foundation. Si dedica anche all’insegnamento, nella convinzione che trasmettere la conoscenza alle generazioni future sia una parte importante della carriera di un artista. Vive e lavora a Pietrasanta.

Dipinti che sembrano quasi tridimensionali tanto è stato accurato lo studio delle Alpi Apuane da parte dell’artista inglese Anne Shingleton. Il talento della sua mano ha colto la luce al mattino e al tramonto sul versante dei monti Altissimo e Corchia con una ricerca minuziosa che l’ha impegnata per lungo tempo. Al centro della mostra vi è infatti la montagna nella sua forza e bellezza, raccontata come in un’istantanea anche nell’attività ormai secolare della coltivazione della pietra naturale.

Come ha approcciato il suo lavoro sulle Apuane?

“Dopo il lockdown ho concentrato le mie energie creative sulla pittura, in particolare esplorando la luce che si trova sulle maestose Alpi Apuane. Mi interessa esplorare le forze della natura, ma è un compito difficile esprimere queste forze con il mezzo bidimensionale della pittura a olio. Credo ci sia una bellezza da scoprire negli effetti del vento e della pioggia per non parlare delle piante e degli animali”.

Qual è il metodo che ha seguito?

“Mi sono recata più volte sul posto, in diversi momenti della giornata, per realizzare piccoli dipinti di tono e colore e disegni accurati della struttura del paesaggio. Questi elementi mi hanno fornito le informazioni necessarie, insieme a qualche fotografia, per creare una visione del paesaggio che sia mia. Non ho un programma. Cerco la bellezza che parla alla mia coscienza più profonda”.

Il suo rapporto con l’Italia nasce nel 1980 quando è arrivata a Firenze per studiare disegno classico e pittura sotto la guida di Nera Simi, figlia del pittore fiorentino Filadelfo Simi che aveva studiato con Jean-Leon Gerome, il capo dell’Accademia di Francia a Parigi negli anni settanta del XIX secolo.

Cosa ricorda del suo studio e degli anni del suo primo soggiorno?

Stare nell’atelier classico della Simi è stato come un tuffo nel passato. Le pareti erano ricoperte di dipinti, per lo più di suo padre, e la grande finestra rivolta a est proiettava la luce sulle file di cavalletti degli studenti. Sentii subito che questo era il posto che stavo cercando. Negli anni ‘80 in Inghilterra e in Europa non c’era alcun insegnamento classico nelle scuole d’arte. C’era solo arte concettuale e astratta, con la quale non riuscivo a entrare in sintonia, per questo scelsi di seguire una laurea triennale in zoologia. Nerina Simi è stata un’insegnante eccellente ma ferma, con un senso dell’umorismo e una profonda comprensione del carattere. Il suo metodo di insegnamento era quello del padre, che a sua volta era stato istruito da Jean-Léon Gérôme, famoso pittore e scultore francese, a Parigi nel 1875 per 5 anni. Non solo era una donna eccezionale, ma rappresentava anche un prezioso legame con l’accademismo classico del passato. Diceva: “La natura è la tua maestra, io sono la tua guida”. Inoltre, La città di Firenze, con i suoi musei, conserva ancora così tanti segni degli eroi del suo passato, che uno studente che studia i canoni dell’arte che questi grandi artisti hanno anche esplorato, o addirittura inventato, ha una comprensione quasi viscerale. In Italia in generale c’è ancora un profondo rispetto per l’artigianato e la trasmissione del sapere, cosa che nei Paesi del Nord sta tristemente scomparendo”. Della Simi ha realizzato un bronzo tra l’altro finalista al Salone internazionale dell’Art Renewal Centre (New York). Com’è andata?
“Volevo sperimentare la tecnica del ritratto in argilla e feci pratica con Enzo Pasquini, maestro intagliatore di marmo in pensione, che gentilmente posò per me per un suo ritratto, nel bellissimo studio di scultura di Giancarlo Buratti. Decisi quindi di provarci. I miei ricordi della Signorina si stavano affievolendo e c’erano poche buone foto di lei, poiché non posava mai volentieri per la macchina fotografica. Volevo mostrarla come la ricordavo a 90 anni mentre criticava e guardava i lavori degli studenti, dimostrando con la mano destra. Quando le proporzioni del viso erano corrette, ho inserito gli occhi e lei ha preso vita per me. È un momento magico, soprattutto nella ritrattistica, quando un pezzo di argilla assume una presenza. Questo è il potere della scultura. Da quel momento in poi, ogni giorno di lavoro, le ho dato il buongiorno e la buonanotte come fosse una persona reale e ho avuto la fiducia necessaria per portare il pezzo fino al bronzo. Il meraviglioso feedback positivo degli ex studenti della Simi alla nostra mostra a Villa Bertelli nel 2022 è stato molto gratificante, così come il riconoscimento come finalista nella categoria scultura del 15° Salone Internazionale del Realismo del Centro di Rinnovamento Artistico nel 2021 (Art Renewal Center, 15th International Salon, New York)”.

Lei ama la natura e gli animali, il Rinascimento e l’enfasi sulla luce. Quali sono i modelli principali della sua produzione artistica e della sua anima creativa?

“Ho lavorato con molti mezzi diversi: incisione, penna e inchiostro, pastelli, oli, caseina e acquerello, scultura in argilla e cera. Ogni metodo, alcuni più difficili di altri da padroneggiare, una volta appreso ha le sue proprietà particolari che possono essere sfruttate dall’artista. La pittura a olio è estremamente versatile, rispetto all’acquerello per esempio, e il suo uso può creare tanti effetti diversi e quindi conferire una maggiore varietà di significato a un dipinto. A seconda di ciò che voglio esprimere nel mio lavoro, scelgo il mezzo che mi aiuta meglio a dirlo. Ho scoperto la pittura a pastello su carta colorata, quegli splendidi bastoncini di colore secco e gessoso, durante l’adolescenza, quando mia madre mi pagò un ritratto a Montmartre, a Parigi. Naturalmente ho dovuto provare anch’io e da allora continuo a usarli, soprattutto quando lavoro all’aria aperta, perché è un mezzo con cui ho molta familiarità. Il passaggio all’uso dei colori a olio è stato facile, poiché in entrambi i metodi i colori più chiari vengono lavorati sopra quelli più scuri, in genere. Questo è particolarmente utile per trasmettere gli effetti della luce. Per me l’illuminazione di un soggetto è una parte fondamentale del processo creativo, poiché dà vita alla natura e suscita in me profonde passioni, che si tratti di ritratti, animali o paesaggi”.

Pittura e scultura, ci spieghi perché preferisce l’una o l’altra nella sua vita?

“Quando ho scoperto le proprietà della lavorazione della cera, e successivamente del bronzo, nella fonderia di Harry Jackson negli anni ‘80, mi sono appassionata. Fortunatamente sono riuscita a vendere i miei bronzi e questo mi ha permesso di costruire un repertorio di opere. Più lavoro con un determinato mezzo e più imparo, tutto ciò crea dipendenza ed è difficile smettere! Tuttavia, nei miei bronzi sono in grado di esprimere maggiormente la forma, la consistenza, l’umorismo e il movimento, ma mi mancava molto il mio grande amore per la luce e il colore, che si possono esprimere solo in pittura. Così ho avuto anni in cui ho fatto più pittura e anni in cui ho fatto più scultura. Attualmente sono in una fase di pittura che esplora la luce delle montagne apuane”.

Marmo, cosa pensa della tradizione artistica ancora viva in Versilia?

Sono piena di ammirazione per gli artigiani e gli scultori di qui, e sono contenta che in Versilia la tradizione della scultura del marmo continui. So che ora ci sono macchine che fanno parte del lavoro, ma l’etica del lavoro e le competenze sono le stesse. È questo che è speciale qui, il grande rispetto per l’acquisizione di competenze e la comprensione che sono necessari anni di pratica e pazienza per raggiungere un lavoro di alta qualità. Questo vale anche per il bronzo. Naturalmente il marmo è venuto prima, dato che la fonte è alle porte di casa nostra, in montagna. Questa continua tradizione artistica è uno dei motivi per cui ho scelto di vivere qui”.

Insegnare alle nuove generazioni, può spiegare il suo metodo e perché è importante nella sua carriera?

Trasmetto le mie conoscenze più o meno nello stesso modo in cui mi ha insegnato la Signorina, ma aggiornate per includere il mio interesse per la natura. Ovviamente il metodo deve adattarsi all’età e all’esperienza di ogni studente. Sono stata molto fortunata ad avere avuto un’insegnante meravigliosa nella mia vita, quindi cerco di aiutare gli aspiranti artisti se posso. Il mio primo compito quando insegno è aprire gli occhi alle persone e mostrare loro come osservare. Abbiamo dimenticato come si fa a guardare e a prendersi il tempo per percepire e analizzare. Il bellissimo mondo che ci circonda dovrebbe arricchire le nostre vite e l’arte apre le nostre menti a nuovi modi di vedere e quindi di essere. Il mio lavoro occupa tutto il mio tempo e le mie energie, quindi di recente non ho insegnato molto”.

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